Irina è una “badante” ucraina ex professoressa di Lettere. Una tra le migliaia di donne costrette a emigrare per sopravvivere alla fame. Siamo negli anni di Kučma, tra il 1992 e il 2005, prima della “rivoluzione arancione” e il suo paese è allo sbando: quasi nessuno percepisce uno stipendio. La corruzione dilaga a tutti i livelli.
Madre di una figlia a cui vorrebbe donare un futuro diverso, per procurarsi un passaporto e un viaggio in Italia, dovrà passare attraverso un perverso sistema in cui a farla da padrone sono le mafie. Le hanno promesso un lavoro da domestica. Ma non ha scelta. È il prezzo da pagare dopo il crollo del Muro di Berlino, quando l’Ucraina del post comunismo diviene una “terra di nessuno” e un Eldorado per il capitalismo selvaggio.
Irina arriverà da clandestina, in un’Italia dove quelle come lei sono un supporto indispensabile per molte famiglie. Sarà l’inizio di un viaggio anche dentro sé stessa. E l’incontro con Rosa, giornalista femminista e sua datrice di lavoro, la metterà di fronte a un mondo sconosciuto che la storia le ha omesso. La sua rigidità sovietica sopravviverà all’urto con la cultura occidentale? Assorbirà da Rosa i principi di emancipazione e autodeterminazione? Chi sceglierà di diventare infine Irina: una madre della patria, come voleva la dittatura, o una figlia della libertà?
Una storia di ordinaria umanità, che si snoda attraverso l’Europa per scavalcare le frontiere delle nostre sicurezze. Un romanzo sorprendente, a tratti crudo e a tratti struggente, che si rivela uno strumento utile per leggere il dramma di un paese la cui tragedia è sotto i nostri occhi.